Ranuccio?
Che c’è?
Sono andati?
Chi?
I rider che stazionavano qui sotto, appoggiati alla ringhiera del mio piedistallo.
Mi sono svegliato apposta. Volevo godermi Piazza Cavalli vuota, di notte. Io e te soli, sui nostri cavalli. Nella nebbiolina del mattino.
Papà, dài. La nebbia a Piacenza non c’è più da almeno un decennio. Non fare il romantico, non vedere le cose dove non ci sono.
Sì, ma così posso immaginarmi la piazza come avrei voluto che fosse…
Ancora con questa storia… Sono quattrocento anni che insisti! Non ti sembra ora di piantarla?
No, perché doveva essere così, doveva chiamarsi Piazza Farnese. Non Piazza Cavalli. Ma ti rendi conto? Tu, Ranuccio Farnese, in veste di signore di Piacenza, hai commissionato queste nostre due statue equestri a quel matto del Mochi, e lui che fa? Sì, le fa belle. Noi siamo belli, io e te, padre e figlio; soprattutto io, Alessandro, condottiero, così nobile, valoroso, energico… Tu hai voluto la veste da antico romano… io non dico niente, però potevi evitare questi richiami al passato.
De gustibus. A me piaceva così, e poi non ti lamentare perché la tua statua è arrivata dopo la mia ed è molto più bella, il caro Mochi ci aveva preso le misure e con te si è superato.
Sì, ma non è questo il punto. Il punto sono i cavalli.
I cavalli?
Sì, i cavalli: sono troppo belli, sono i più belli del mondo. Ci credi? Sfido chiunque a trovare un monumento equestre più bello di questo. Ci scommetto il mio cavallo… cioè, no, non lui. Ma so quello che dico. A Parigi, Roma, Madrid, Londra, Vienna: non ce n’è uno che può stare a fianco dei nostri destrieri.
E allora? Di cosa ti lamenti?
Loro, i cavalli, ci hanno rubato la scena. La nostra piazza. Scusa, non ti sembra illogico dedicarla ai Cavalli anziché ai signori di queste terre? Piassa Caväj, come dicono i locali. E tutti a seguirli. Piazza Cavalli. E noi, i Farnese?
Papà, ma lo vedi che hanno ragione? La vedi la coda del tuo destriero, in bronzo, pesantissima, che sembra sollevarsi al vento come fosse davvero di crine, in torsione, leggera, flessuosa? Devo parlare della criniera, spumosa, mentre il tuo cavallo gira il capo, e nemmeno tu che sei lì riesci ad afferrarla? E i suoi pettorali, che sembrano scossi dai fremiti nel luccichio del sudore? Le froge tremanti, scure, mobili, mentre lo tieni a fatica…
Ma che fatica e fatica! Io lo tengo benissimo, il mio cavallo, sono quattrocento anni che sta qui sotto di me…
E quattrocento anni che sembra voler fuggire, desideroso di sciogliersi nel galoppo. Ma, dico, come si fa a fare un miracolo simile in una materia così pesante e inerte come il bronzo? Ci voleva un genio della scultura come Francesco Mochi da Montevarchi. E l’ho trovato io.
E noi ‘ci siamo rimasti sotto’, come dicono qui i locali… questi borgatari, questi provincialotti, piasintein ladr’ e assasein. Ladri, sì, del nostro nome, della nostra piazza. Dobbiamo riprendercela, in qualche modo… Ranuccio, ascolta: pianifichiamo un attacco, un piccolo assedio, un’incursione, almeno… Ranuccio…? Ranuccio…?? Non dormire proprio ora, con quel cavallo magnifico che ti ritrovi!! Ranuccio!!!!
04 – Scrigno in osso di provenienza persiana, con immagini dipinte a mano di cavalieri in movimento