L’Auditorium Giovanni Arvedi di Cremona mi ha regalato, in questi ultimi mesi, tre esperienze artistiche che, per motivi diversi, mi sono rimaste nel cuore. 

A ottobre, il concerto dei fratelli Alessandro e Massimo Quarta; a novembre, il duo violino-pianoforte di Sergej Krylov con la giovanissima Alexandra Dovgan. Pochi giorni fa uno spettacolo intitolato ‘Il golfo magico’, che mi ha preso per mano e mi ha portato via.

Precisamente a Napoli.

 

Ho viaggiato con Wolfgang Amadeus Mozart e con suo padre da Cremona a Milano, a Roma, infine a Napoli. E l’ho fatto grazie al racconto e alla voce di Stefano Valanzuolo, critico musicale, e agli archi napoletani del Solis String Quartet insieme al pianoforte di Ramin Bahrami. 

Voce e musica: in carrozza, si parte.

 

Wolfgang ha quattordici anni ed è già un prodigio vivente. Il padre lo accompagna in Italia per raccogliere ingaggi, più che per formarlo. Del viaggio, lungo più di un anno, tra il 1669 e il 1771, ci è giunto resoconto dettagliato attraverso gli epistolari del ragazzo e del padre, che rimasero sei settimane a Napoli, tra maggio e giugno. Wofgang amò profondamente la capitale partenopea, una delle città più musicali del mondo. “Quando avrò composto un’opera per Napoli mi si ricercherà ovunque: con un’opera a Napoli ci si fa più onore e credito che non dando cento concerti in Germania”, scriveva.

 

Mentre la bella voce di Valanzuolo raccontava fatiche di viaggio, strani incontri, esperienze mondane e fallimenti di padre e figlio, che non riuscirono mai a incontrare il re Ferdinando di Borbone come avrebbero voluto, i Solis String Quartet tramutavano le parole in musica (Scarlatti, Cimarosa e, ovviamente, Mozart) con una leggerezza e un incanto che solo la straordinaria vena musicale che scorre a Napoli consente. 

Arrangiando, trasformando, riscrivendo i brani in chiave folk, pop e soul, i Solis String quartet hanno tracciato un affresco che scavalca generi ed epoche, affiancati dalla suprema arte di Bahrami. E dimostrando come tra Mozart e la musica napoletana c’è un legame che va ben oltre le prove filologiche ricavate dagli spartiti. Un fluire continuo tra Scarlatti, Cimarosa e il genio austriaco: intenti, umori, sospensioni, malinconie struggenti o sottili. 

 

Al termine ho pensato: dopo 250 anni siamo qui a viaggiare con Wolfgang grazie alle sue parole e a quelle carte scritte a penna che hanno attraversato l’Europa nelle diligenze postali e sono arrivate fino a noi. 

 

Noi, che non scriviamo più lettere, e affidiamo al digitale il diario delle nostre vite. 

Qualcuno potrà leggerlo tra 250 anni o di noi, così chiassosi, non rimarrà più nulla?